mercoledì 2 luglio 2008



L’odore del sudore di quegli uomini si mischia a quello del grasso dei macchinari. Li conosce, eppure non riesce a ricordare i loro nomi. Forse la coscienza non vuole scivolare nel terrore. Evitare di nominarli può essere una scappatoia.
“Dài, muoviti” dice quello con pochi capelli e le unghie lunghe e sporche “ce li abbiamo tutti addosso, avant’e’ retro”. L’altro, secco e giallo, annuisce e non dice niente. Continua a grattarsi la testa, poi si spolvera via la forfora guardandosi un po’ dietro le spalle, per essere certo che è caduta. Poi ricomincia da capo. Suona un cellulare. Risponde senza parlare. Ascolta e richiude. Sul display un numero di un paese estero lontanissimo. Il rumore comincia come un ronzio, e poi si fa largo e profondo. Roberto sa cos’è. Sa qual è il suo risultato.
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